Immagina di prendere un mappamondo, farlo roteare e poi fermarlo in un punto con il dito. Immagina di vedere il risultato di questa scelta casuale e di iniziare a fantasticare su quel posto e sulle cose da vedere. Se sei fortunato hai già dei rimandi a cui fare riferimento, altrimenti dovrai esclusivamente usare l’immaginazione. Lo stesso effetto può essere raggiunto visitando la sezione “Places and Spaces” nel sito di Andrew Jayanta Friedman, fotografo nato in Minnesota, che raccoglie gli scatti realizzati durante i suoi viaggi riuscendo a fermare il tempo e a concentrarlo in immagini che hanno molto da raccontare, seppur per definizione considerabili statiche. Momenti privati che però si fanno universali e permettono all’osservatore di proiettarsi in quegli istanti e viverli in prima persona. Trovano spazio nelle sue foto natura, architettura e attimi di vita quotidiana, varie condizioni climatiche eppure un unico filo conduttore: la semplicità trasmessa allo sguardo.
Come nella serie “Catskill Mtns” in cui sono i colori vivi dei paesaggi e del cielo ad essere i reali protagonisti o in quella dedicata a New York City che, vista dagli occhi di Friedman, sembra quasi meno megalopoli e più umana tra cantieri in costruzioni e rimesse di taxi.
Ma il biglietto da visita che meglio di qualsiasi altra cosa riesce a far capire cos’è la fotografia per l’artista in questione è la serie dedicata a Seoul, ripartita in tre sottocategorie diverse dedicate all’architettura della città e ai suoi spazi urbani, macro ed intimi. I tre perni su cui ruota la sua fotografia e che qui emergono prepotentemente restituendo all’osservatore un punto di vista personale, ma al tempo stesso fruibile e condivisibile. Come visitare questi luoghi con delle lenti da sole con un filtro speciale, quello dato dalla sensibilità di Andrew Jayanta Friedman.