Piotr Niepsuj fa tante cose e ve le racconteremo in questa intervista.
Piotr è anche e soprattutto un ragazzo che scatta delle foto intime e discrete, ma al tempo stesso con un punto di vista molto forte e riconoscibile. Abbiamo fatto una chiacchierata per conoscerlo meglio e farci raccontare le sue esperienze nel mondo della moda e non solo. Vi consigliamo di controllare anche uno dei tanti tumblr che cura, Respect The Architect, una collezione di immagini random legate tra loro da un qualcosa che è più facile scoprire osservandole che provando a spiegarlo con parole.
Le foto che vedete in questo articolo sono inedite e scattate con iphone. Il perché della scelta del mezzo lo capirete leggendo l’intervista.
Ciao Piotr, presentati ai nostri lettori.
La mia pagina dice che sono un fotografo, photo-editor e consulente creativo (che in poche parole vuol dire trovare soluzioni ed idee per gli altri) soprattutto nel campo della fotografia, ma non solo. Le persone però mi conoscono principalmente per il mio lavoro come fotografo essendo la cosa più facile da mostrare.
Ad un certo punto della tua vita ti trasferisci a Milano, quando e perché avviene?
Mi sono trasferito in Italia 9 anni fa. La mia università in Polonia aveva un contratto Erasmus con l’università di Pavia e sono finito lì. Dopo un anno in Italia ho capito che tornare in Polonia sarebbe stato troppo deprimente ed allora ho deciso di trasferirmi a Milano. Ho fatto i test d’ingresso per il Politecnico e alla fine sono rimasto qui.
Ho letto in un’intervista che all’inizio detestavi la fotografia. Poi cosa è successo?
Non è che la detestassi, semplicemente non ne capivo il senso. Al secondo anno di università in Polonia ho fatto un corso di fotografia con questo semi-matto, ex-hippie, artista-fotografo che mi ha aperto gli occhi su di un mondo che non conoscevo prima.
E sapresti rispondere ora alla domanda su quale sia il senso della fotografia?
E qual è il perché dell’arte? E della musica? È lo stesso della fotografia.
Sei tra gli utenti consigliati su instagram: cosa ne pensi delle foto scattate coi cellulari e, più in generale, della maggiore accessibilità anche all’editing che la tecnologia ha permesso?
Ormai scatto praticamente tutte le mie foto personali con il cellulare. Penso di aver finalmente trovato l’equivalente digitale della mia vecchia Contax e sono molto contento di poter andare avanti. È fantastico. L’unico problema è che grazie all’ iPhone e simili siamo bombardati da troppe immagini da tutte le parti. Ormai chiunque può produrle, basta mettere un bel filtro di VSCO e poi pubblicarle da qualche parte on line tranquillamente. Sta diventando sempre più difficile pescare le foto veramente belle da questo mare di immagini, così come sta diventando difficile scovare persone valide dall’esercito di fotografi. A volte, sopratutto quando faccio ricerca, mi sembra di aver fatto un’overdose visiva e non voglio più vedere nulla.
Cosa rende quindi uno scatto, una foto veramente bella?
Personalmente sono sempre attratto dalle foto che raccontano qualcosa, o almeno da quelle con un storia che posso inventare guardandole, indipendentemente se sia vera o meno. E ciò può capitare tanto con una foto di reportage, che nel caso di uno still life. Ma se devo risponderti nello specifico, non te lo saprei spiegare a parole. Forse è più una questione di sensazione.
Sei laureato in architettura, ma lavori come fotografo. Cosa prevale? Le due arti si influenzano a vicenda?
Non ho mai lavorato come architetto, ma il mio percorso universitario mi sta sicuramente aiutando nel lavoro che faccio oggi. L’architettura mi ha dato modus operandi modulare o meglio, un un approccio programmatico al processo creativo. È molto più facile rispondere alle esigenze (del cliente) progettando tutta la strada fino ad arrivare al prodotto finale piuttosto che pensare solo ed esclusivamente a quest’ultimo.
RTA alla fine può essere definito come una fusione tra le due passioni?
Hmm… è più una specie di effetto collaterale della mia ricerca/lavoro. Come accennato sopra, quotidianamente vedo una quantità d’immagini mostruosa di cui salvo una piccolissima parte. Un giorno, probabilmente inspirato da jjjjound, ho deciso che non aveva senso tenerle solo per me e ho cominciato a metterle online. Certo, tante di quelle immagini sono molto pulite, si potrebbero quasi definire ‘da architetto’, ma non direi che RTA sia una fusion tra due passioni. È una specie di biglietto da visita che meglio rappresenta la ‘mia estetica’.
Hai lavorato come photo editor e poi anche come creative consultant per PIG, raccontaci l’esperienza.
È stato il periodo più divertente della mia vita ed anche quello dove ho imparato la maggior parte delle cose che so sulla fotografia, l’editoria, il processo creativo…etc. PIG è stata un’esperienza incredibile: ho scattato foto a tantissime persone che ammiravo, sono andato in posti dove non sarei mai andato, ho collaborato con alcuni dei miei fotografi preferiti, lavorato con clienti veramente grossi! Era la mia vera università, ma ancora migliore perché imparavo mettendo in pratica. Non credo ci siano tante aziende che si prendano questo rischio.
Allo stato attuale quali sono le riviste che più ti piacciono e quelle con cui vorresti collaborare (se le due cose non coincidono).
Ce ne sono tante, più che altro queste “established” tipo 032c, POP, Arena Homme+, Double, Acne Paper… ce ne sono tantissime ovviamente, ma di queste compro quasi tutti i numeri.
PIG era sia un sito che un cartaceo mensile. Poi è passato alla formula del quadrimestrale. Poi ha terminato la sua esperienza e le varie persone coinvolte si sono concentrate su altri progetti. La carta è secondo te morta? Ci sono modi per far interagire www e supporto fisico?
La carta sta diventando un po’ come il vinile che è praticamente morto, ma c’è un piccolo gruppo di appassionati che lo compra/usa ancora. Sono l’abitudine e la nostalgia a tenerli in vita perciò non moriranno ancora per un bel po’, ma, senza dubbio, il futuro è digitale. Hai visto che ultimamente un’Università della Florida ha aperto la prima biblioteca senza volumi fisici? Le nuove generazioni non avranno più l’abitudine di leggere dalla carta e poi, magari in un futuro prossimo, l’esperienza digitale diventerà anche fisica. Chi lo sa…
Parliamo invece dell’esperienza nel mondo della moda.
Nell’ultimo anno dell’esistenza di PIG ho cominciato a lavorare anche da 2DM/Management – un’agenzia che rappresenta fotografi, stylist e illustratori principalmente nell’ambito della moda. Lavoravo lì come photo-editor preparando i portfolio dei talenti che rappresentavamo, tenendo l’archivio dell’agenzia ordinato e monitorando il mercato dell’editoria della moda. Era il mio primo contatto con ‘la vera moda’ e il suo sistema. Devo ammettere che all’inizio non ne capivo nulla. Ci ho messo due anni per capire cosa effettivamente voglia dire “moda” e non sono ancora sicuro di aver trovato la risposta finale. È un mondo a parte, con tante regole non-scritte e devi lavorarci dentro per molto più tempo per capirlo al cento per cento.
Nello stesso tempo sono arrivate le richieste da Dazed, AnOther e Hero per fare foto backstage delle sfilate durante la MFW e ciò mi ha permesso di vedere tutto quello che fino ad allora vedevo solo su foto, nella vita reale. Anche questa è stata una lezione non da sottovalutare.
Maturata quindi un po’ di esperienza, cosa vuol dire secondo te “moda”?
Non ti saprei rispondere, come alla domanda sulle “belle foto”. Forse lo si capisce con l’esperienza.
A cosa stai lavorando ora?
Attualmente sono a New York per creare il sito web di Depop (l’applicazione che ti permette di vendere cose direttamente dal tuo cellulare, una specie di instagram con il tasto “compra”). Stiamo cercando di creare un progetto che metta insieme le caratteristiche di app, sito desktop e sito mobile e che implementi allo stesso tempo il download dell’app. Tutto questo per far diventare l’esperienza depop ancora più piacevole. Concettualmente è uno dei lavori più interessanti che abbia mai fatto.
Da metà settembre torno però a Milano e ricomincio con la solita routine: foto, photo-editing e creative-consulting. Insomma, full-time freelance.