Georges Salameh, nato a Beirut, ha studiato cinema all’Université Paris VII Saint-Denis e attualmente lavora ad Atene dopo aver vissuto in Libano, Cipro, Grecia, Francia e Sicilia.
Alla Sicilia ha dedicato le immagini della serie Isolitudine traendo il titolo dalla definizione che ne fece lo scrittore siciliano Gesualdo Bufalino per descrivere quella sensazione di isolamento esistenziale, di solitudine, di insularità d’animo che accomuna chi vive su di un’isola:
“Isole all’interno di un’isola: questo è esattamente l’emblema della nostra solitudine. Mi piacerebbe definirla con una parola inesistente: isolitudine.”
Salameh si è lasciato conquistare dalla sicilitudine di quell’isola, dai suoi silenzi e da quel mare tutt’intorno catturando nei suoi scatti panorami di sabbia e pietre, terre bruciate dal sole, chiese ricamate come un merletto, cortili che paiono abbandonati.
Finestre come occhi silenziosi e poi le botteghe dei ricordi, le sante incoronate che riposano.
“Isolitudine is a state of spirit but also a tale of my Sicilian self-exile & refuge.
Sicily has taught me a new language of silence, a stream of sight bearing a submarine map of the senses. All those years, my endeavor of collecting this mosaic of visual literature was alike Colapesce’s effort.”
Un mosaico di letteratura visiva, un tentativo come quello del provetto nuotatore Colapesce che, come racconta la leggenda, nell’abisso del mare sorreggeva una delle tre colonne su cui posava l’isola per evitare che affondasse.