Xing Danwen è una delle più incisive artiste cinesi, nata negli anni ’60 a Xi’An e attualmente attiva a Pechino.
Di Rado capita di trovarsi davanti ad artiste poliedriche come lei, che oltre ad essere un’acclamata fotografa, costruisce istallazioni ed è una performer e video maker.
Le sue opere sono esposte in tutto il mondo, dal Metropolitan Art Museum di New York al Victoria Albert Museum di Londra e dal 24 aprile fino al 28 giugno, l’artista presenta la sua prima personale italiana dal titolo “Utopia” a Officine dell’Immagine di Milano.
“Utopia”, termine coniato da Tommaso Moro nel 1500, sta ad indicare un “non-luogo” ideale, irraggiungibile, ed è così che figura la realtà cinese secondo Danwen.
Le istallazioni della serie Urban Fiction , in critica verso il progresso dello sviluppo urbano cinese, raccontano le verità nascoste di un popolo in preda all’isolamento più totale.
La vità quotidiana è presentata come una realtà sommersa e oppressa da maestose costruzioni e articolati sazi architettonici.
La Cina è raffigurata così com’è stata trasformata negli anni, brutalmente e senza censure. Una trasformazione che ha colpito l’esteriorità ma soprattutto l’interiorità.
Le foto della serie “disCONNEXION”, scattate nella discarica elettronica del Guangdong in Cina, mostrano il passato, il presente e il futuro che risulta dal continuo progresso.
“La Modernizzazione e la Globalizzazione hanno rimodellato l’arredo urbano. Nel mio paese, io ho visto e assistito ai cambiamenti che hanno avuto luogo sotto l’influenza dell’Occidente. Questi cambiamenti sono stati una forte e potente spinta per lo sviluppo Cinese, ma allo stesso tempo hanno portato allo sviluppo di un grande incubo sociale e ambientale” afferma l’artista cinese, e a noi non resta altro che riflettere sull’inutile niente di questo mondo, lo stesso Niente che nasce dal Tutto.