Non è facile scrivere di un’artista emergente e non lo è affatto soprattutto per me che è la prima volta che faccio un’intervista.
Per iniziare quindi, lascio la parola alla fotografa napoletana Beatrice Capone e la ringrazio per la sua immensa disponibilità e per averci donato in prestito questi suoi capolavori fotografici.
Come ti autodefiniresti? Chi è Beatrice Capone?
Definirsi non è mai una cosa semplice, potrei dire che non esiste una sola Beatrice, siamo tante, le mie preferite. Sono la Beatrice che resta affascinata ed incuriosita da come luce fredda del mattino disegna e definisce la realtà delle cose, e la Beatrice emotiva che arrossisce ancora guardando la propria modella attraverso il mirino della macchina fotografica come se fosse sempre la prima volta. Penso che loro siano la parte più vera di me.
Parlaci del momento in cui hai capito di voler fare la fotografa.
Non c’è stato un vero e proprio momento decisivo, è successo in maniera molto naturale. Il primo approccio con la macchina fotografica l’ho avuto quando ho cominciato a fotografare me stessa per esercitarmi nel disegno e nella pittura. Non avendo una persona disposta a posare dal vero per me mi autoritraevo. Sistemando la luce in modo tale che generasse dei contrasti e definendo le forme anatomiche ciò mi dava la possibilità di esercitarmi con il chiaroscuro. Acquisendo familiarità col mezzo e ripetendo più volte questa operazione, quasi come se fosse un rito, ho capito che c’era molto più di me nelle fotografie piuttosto che nei disegni, così ho cominciato a fotografare anche altre persone, ed ho continuato fino ad oggi.
Cos’è per te la fotografia?
Mi piace pensare che sia una sorta di meccanismo che funzioni un po’ come una macchina del tempo poiché attraverso un mezzo, che è la macchina fotografica, abbiamo il potere di congelare un momento unico ed irripetibile, estrapolarlo dalla realtà, rendendolo così importante ed eterno, o di riportare in vita un momento passato, o di creare una realtà mai esistita, mettendola in scena. Ho con la fotografia un rapporto molto intimo, ogni volta che guardo una foto nuova anche se il soggetto non sono io, scopro sempre qualcosa di me che ancora non conoscevo. Per questo motivo la fotografia ha un grande valore ed io ho imparato a comunicare con me stessa e ad esprimermi attraverso questo mezzo.
Perché hai deciso di dedicarti totalmente alla fotografia di moda?
Il motivo principale è perché ho sempre fotografato persone, ritraendole, e a volte mi capitava che alcune di queste volessero farsi ritrarre con un capo a cui erano affezionati, o con qualcosa con cui non avrebbero mai avuto il coraggio di mettere un piede fuori casa, o con un oggetto che li rappresentasse, o con qualcosa che avessero creato da soli, talvolta hanno anche interpretato personaggi appartenenti ai periodi storici che avrebbero voluto vivere. Quindi in qualche modo c’è sempre stata una sorta di ricerca dell’accessorio o del capo che andava a caratterizzare bene la persona ritratta definendone anche il gusto estetico… in effetti è cominciato tutto un po’ per gioco.
Quali sono i fotografi a cui ti ispiri e perché?
Non ho dei fotografi in particolare a cui mi ispiro, per la mia ricerca visiva attingo anche da cose che non si fermano al solo uso del mezzo fotografico. Anche la musica mi ispira nel processo creativo, film, illustrazioni, sculture. Mi capita spesso che l’ispirazione venga dalle situazioni che vivo, e dalle persone che vedo. Se mi trovo in un posto con una bella luce immagino già come vorrei che fosse la modella e cosa dovrebbe indossare. Se resto incuriosita da un abito immagino il modo in cui potrei contestualizzarlo per rafforzare la sua importanza, o decontestualizzarlo. Se vedo un viso che mi intriga immagino di quale storia potrebbe essere il soggetto.
Qual è stata l’esperienza che più ti ha formato fotograficamente?
La mia prima esperienza in un vero studio fotografico. Ho collaborato per circa un anno e mezzo per Studio 39. In quel periodo stavo portando a termine un percorso di studi iniziato all’Accademia di Belle Arti di Napoli. Ho cominciato a collaborare come scenografa dando una mano ad allestire i set fotografici per Enrico Coppola, il fotografo fondatore di S39 e a cercare le cose necessarie per le ambientazioni degli shooting. Una volta acquisita familiarità con le dinamiche dello studio e le attrezzature Enrico mi propose di scattare un book per una modella. Entrambi ne restammo molto soddisfatti e da lì cominciò la mia collaborazione per lo studio in qualità di fotografa. In poco tempo divenne una seconda casa, e una seconda “scuola”, penso sia stato uno dei periodi più produttivi e formativi della mia vita.
Quali sono i punti positivi e quelli negativi nell’essere una fotografa nell’epoca del social networking?
Un lato positivo può sicuramente essere quello che grazie ai social network c’è la possibilità di confrontarsi con persone anche non addette ai lavori in maniera più diretta e veloce: se usati con coscienza sono una grande risorsa. Il lato negativo è che spesso questo tipo di approccio genera falsi miti, portando le persone ad alienarsi dalla realtà delle cose.
Qual è il tuo scatto preferito, quello che più ti ha soddisfatto in assoluto e ti rappresenta maggiormente?
Penso sia presto per dire quale sia il mio scatto preferito. Nella mia mente ho un archivio di fotografie e di storie che non ho ancora scattato e a volte quando le immagino, per non perderle nel dimenticatoio le descrivo appuntandole sull’agenda, in altri casi le disegno. Ognuno dei miei lavori è stato rappresentativo di un periodo della mia vita, e quindi ci sono tante fotografie che per me lo sarebbero, ma in assoluto penso che lo scatto che mi abbia più soddisfatto fino ad ora, e sembrerà strano ma non c’entra con la moda, è un ritratto in bianco e nero che feci ad un amico. Allora sfruttai la luce che veniva da una finestra, lo feci appoggiare appena sul bordo, e quando riconobbi il momento scattai. Sapevo già che per me quella sarebbe stata una bella foto, ma fu per il sorriso che gli si dipinse sul volto, mentre guardava lo scatto, che capii di aver fatto un buon lavoro, capii di aver catturato una piccola traccia di se stesso che forse ancora non aveva visto fino a quel momento, e questo mi appagò immensamente.
Come è nato il progetto “Hybrid”?
Il progetto Hybrid è nato in un periodo abbastanza complicato. Mi sono trovata a dover riconciliare la parte di me che si rapporta alla vita in maniera più brusca e istintiva con quella pacata riflessiva e razionale. Ho immaginato di rendere reale questo conflitto rappresentandolo in fotografia. La figura che meglio racchiude questo concetto è quella dell’ibrido, una creatura che è per metà animale e per metà umana. Ho immaginato due figure femminili, una algida che avrebbe simboleggiato il carattere di un Serpente e una donna Cervo, che nel ritrovare la parte umana di se stessa ritorna in pace con la sua natura. In principio avevo varie idee per la realizzazione di questo lavoro, pensai a cose che andassero a mutare la figura, in modo da rendere più rintracciabile il riferimento alla parte animale. Dopo svariati studi e ricerche sulla modificazione corporea nei riti pagani, indagando anche nelle culture dove pare si siano manifestate queste entità, decisi di non voler cadere in un’eccessiva teatralità che avrebbe poi conferito alle foto un aria troppo artificiale, posticcia, e quindi coclusi col voler rintracciare le caratteristiche che cercavo nell’espressività di uno sguardo piuttosto che dietro ad una maschera.
Quali sono i tuoi progetti futuri?
Ho alcune cose in cantiere a cui sto lavorando tra cui una serie di ritratti in bianco e nero. Sicuramente continuerò a sperimentare con la fotografia senza restare a fossilizzarmi per forza su un genere e continuare a cercare il confronto con giovani designer, creativi, e grandi maestri del settore della comunicazione visiva.
Biografia.
Beatrice Capone nasce nel 1986 a Napoli. Consegue il diploma di Maturità artistica in Linguaggi Visivi presso il Liceo Artistico Statale di Napoli nel 2005. Durante gli anni del liceo si avvicinerà al mondo dei graffiti writing, divenendo una delle principali esponenti della scena femminile partenopea. Decisa a continuare la sua ricerca nei campi della pittura, illustrazione e scenografia, si iscrive al corso in Progettazione ed Arti Applicate di Scenografia presso l’Accademia di Belle Arti di Napoli, dove si diploma nel 2010. Durante i suoi studi è particolarmente interessata al mondo della fotografia che utilizza per fissare i propri pensieri o per fissare nel tempo le scene che la realtà le offre. Si iscrive quindi, presso il corso specialistico biennale in Fotografia , indirizzo Moda e Pubblicità, dell’Accademia di Belle Arti di Napoli dove si laurea nel 2014. Come fotografa professionista collabora con lo studio pubblicitario Studio39, realizza diversi cataloghi promozionali e si occupa della creazione di fashion editorial per linee stilistiche di giovani fashion designer campani.
E’ possibile visualizzare i suoi lavori qui.