Javier Pérez nasce a Bilbao, Spagna, nel 1968.
Nel 1992 si laurea in arte alla Universidad del País Vasco e frequenta degli scolarships in Francia e Germania.
Ciò che lo completa come artista è la sua totale devozione ad ogni singola forma d’arte; egli è infatti scultore, disegnatore e fotografo.
I suoi disegni sono sicuramente essenziali, ricchi però di intensità, una ricerca interiore non solo psicologica, ma viscerale. Alberi, corpi nudi e scheletri potrebbero ricondurci ad una definizione di macabro, ma per quale motivo? Non è forse il rapporto inevitabile tra uomo e natura che cerca di rappresentare Javier?
A conferma delle sue teorie giocano un ruolo fondamentale le sue sculture; ci basti analizzare TRANS (FORMACIONES) I dove viene rappresentato con bronzo, resina poliestere e pelle d’animale, un tronco d’albero che dà vita ad un uomo non distaccandosene ma trasformandosi in esso.
È forse una denuncia quella di Javier?
L’uomo evolvendosi ha forse perso di vista il ruolo che la natura ricopre nella propria vita? Ha forse dimenticato di essere il frutto della natura stessa?
Henry David Thoreau scriveva:
“Vorrei spendere una parola in favore della natura,
dell’assoluta libertà e dello stato selvaggio, contrapposti a
una libertà e una cultura puramente civili, vorrei considerare
l’uomo come abitatore della natura, come sua parte
integrante, e non come membro della società.”
Oltre ad essere un gran maestro nell’utilizzo di pellame e resina, Javier Pérez eccelle anche col vetro.
Le sue sculture/installazioni di murano sono infatti ciò che lo hanno portato anche alla Biennale di Venezia nel 2011 dove presentò “Carroña” e “Corona”.
Le due opere hanno sicuramente dato nell’occhio, ma a fare scalpore è stata “Carroña”, un lampadario in murano di abbondanti dimensioni, color del sangue, posto in frantumi sul pavimento mentre uno stormo di corvi è intento a cibarsene.
È una scultura che non lascia indifferenti lo sguardo e le emozioni di chi la osserva; il lampadario, con tutta la sua opulenza, viene sviscerato dai corvi come una vera e propria carcassa di animale inscenando un vero e proprio paesaggio surrealista.
Un vero e proprio gioco di contrapposizioni quindi tra la lucentezza e la brillantezza del vetro, con il sacrificio che si inscena dinanzi agli occhi dello spettatore, un’installazione metaforica che grida con imponenza il suo messaggio.