“ Hong Kong è una città ricca di paradossi, non ti annoia mai, come invece potrebbe fare Parigi.”
Nel 1994 il fotografo tedesco Michael Wolf lascia la Germania e si trasferisce ad Hong Kong insieme alla moglie, dove tutt’ora vive e lavora. Fin dal primo istante questa megalopoli è stata la sua casa, e la scelta è avvenuta principalmente per due ragioni: la cucina e la vicinanza con la Cina, un luogo da lui considerato come “una tana misteriosa e mistica” dove “un occidentale rimane sempre uno straniero.”
Michael ha viaggiato e vissuto in giro per il mondo dove con calma e dedizione ha prodotto una notevole mole di lavoro, suddivisa in numerosi progetti, molti dei quali gli sono valsi importanti premi e riconoscimenti.
Possiamo considerare Michael Wolf come un collezionista patologico. Da piccolo collezionava sassi, poi ha iniziato a collezionare scatti. Per esempio nella serie “Bastard Chairs” ha fotografato sedie originali scovate in Cina, ha iniziato fotografandone una, poi due e così via, fino ad avere una collezione di fotografie di sedie che è diventata una serie. Ma non si è accontentato dei singoli scatti: dopo aver fotografato le sedie le ha portate a casa e le ha conservate tutte.
“Accumulo oggetti perché sono in grado di raccontare storie.”
Nei suoi progetti si focalizza sul ruolo del singolo individuo collocato nella moltitudine di altri individui all’interno delle grandi metropoli e lo analizza secondo punti di vista e prospettive sempre diversi.
Solo ad Hong Kong ha sviluppato una moltitudine di progetti, tra i quali “Architecture of densitiy“, “Industrial” e “Night”, lavori dal forte impatto visivo, dove inquadra i palazzi di Hong Kong rendendoli pattern astratti e ripetuti, escludendo dall’inquadratura il cielo e la terra.
Osservando questi scatti con occhi attenti si notano tantissime tracce di vita. Basta guardare singolarmente ogni finestra per accorgersi della presenza di tanti esseri umani, ognuno con la sua storia, i suoi oggetti e la sua quotidianità. E’ possibile quindi passare dall’osservazione del mastodontico complesso architettonico alla singola e “insignificante” finestra.
“C’è una simbiosi, e in una città come Hong Kong è ancora più evidente, fra pubblico e privato.”
Ad Hong Kong non c’è mai intimità, basta affacciarsi alla finestra per poter osservare centinaia di altre vite. È facile notare una persona mentre gioca con l’iPad o legge un libro, anche senza volerlo. Questa situazione ricorrente ha fatto sì che il South China Morning Post attaccasse duramente il fotografo tedesco per violazione della privacy, sebbene Wolf si fosse semplicemente limitato a fotografare ciò che vedeva.
“Non è colpa mia se le case sono così vicine le une alle altre, gli architetti dovrebbero pensarci su.”
Questi scatti hanno un forte impatto visivo ed emotivo, ti lasciano con un senso di piccolezza rispetto a queste megalopoli, dove milioni di vite sono connesse tra loro. Ti senti piccolo rispetto ad un mondo così complesso, ma allo stesso tempo senti di farne parte e che nel tuo piccolo sei importante.