New York, dicembre 1947.
La vigilia di Natale di quell’anno vede nascere uno dei più grandi professionisti della fotografia in bianco e nero mai esistiti, Rodney Smith.
La sua formazione cammina in due direzioni: parallelamente al corso di laurea in teologia a Yale, segue anche quello di fotografia indetto da Walker Evans, colui che immortalò la situazione americana durante il periodo della depressione.
Le foto di Smith sono apparse tra le più diffuse al mondo su testate giornalistiche come il New York Times. Lo stesso Smith ha lavorato per importanti aziende come la BMW e l’American Express, oltre alle diverse cattedre universitarie di fotografia assegnategli nelle più prestigiose università americane, da Yale all’università di Santa Fe.
Sul suo sito c’è una particolarissima biografia in cui il fotografo si descrive parlando di se stesso in terza persona e con piccoli semplici periodi. “He thinks Freud saved his life” è forse una delle asserzioni più utili ad inquadrare il suo stile fotografico spesso soprannominato “surreale”.
Il sogno, l’inconscio e la psicoanalisi hanno letteralmente stravolto la civiltà del secolo scorso e influenzato il pensiero dell’uomo fino ad oggi. Il Surrealismo ha tratto le sue origini da questi elementi e Smith lo ha portato fino ai giorni nostri.
Nei suoi lavori spesso la realtà si incontra e convive con il sogno e l’irreale. È interessante notare come lo scenario di elementi e persone reali possa riportarci al di fuori del tempo e dello spazio e stimolarci a pensare e a dubitare dell’esistenza.
“I think everyone is searching for something, whether it’s meaning in life or purpose in life or reflecting on who they are, how they fit into their world, if what they are doing in their life is important to them. I think in almost every instance, anyone who reflects on their existence is wondering about their purpose.”
I soggetti inquadrati elegantemente, posti di spalle o con il viso oscurato, sembrano sempre cercare qualcosa, sensazione che ci rimanda ai ritratti da René Magritte.
Il bianco e nero rappresenta l’altra costante dell’opera di Smith.
“I’ve always felt that there’s more color in a black-and-white than there is in color. This refers to the multitude of the gradations of grays and deep dark tonality, but it also refers to the psychological core of black-and-white. Black-and-white is about feeling and things that lie below the surface. It’s about architecture and form and shape, while color is about the surface of things.”
Attualmente il Rodney Smith ha alle spalle più di quaranta anni di carriera, occasione scelta per la pubblicazione di “The End”, un libro in edizione limitata che raccoglie cento tra i suoi lavori più significativi, scelti per restare nella storia della fotografia.