Solo Houses è un progetto ambizioso e di grande valore per il panorama architettonico contemporaneo, un momento non solo di riflessione ma di costruzione attiva che coinvolge alcune tra le firme più interessanti degli ultimi anni. Il progetto, patrocinato da Christian Bourdais, offre agli architetti coinvolti carta bianca, uno dei valori più rari e impegnativi per questa professione, per la realizzazione di una casa nella regione spagnola di Mattaranya, a sud di Barcellona. Dal 2010 sono ormai state progettate 7 abitazioni, pensate come seconde case più che per un’occupazione permanente, e la Solo House dello studio cileno Pezo von Ellrichshausen è il primo intervento completato, a cui andranno ad aggiungersi quelli di Sou Fujimoto, Office KGDVS, Johnston Marklee, Faustino, MOS e TNA. Se in tutti i progetti si possono notare dei temi comuni di lavoro, per ora la Solo House di Pezo sembra offrire degli spunti di riflessione sui temi dell’abitare inediti e imprevisti.
La casa si erge su un basamento in cemento grezzo, come monolite inaccessibile e quasi sospesa a picco sul paesaggio mediterraneo circostante, da cui si erge come uno scoglio scolpito severamente dagli elementi. L’accesso si carica di una presenza misteriosa e indecifrabile, con la solida scala che si biforca inaspettatamente quasi specchiandosi nell’angolo retto della costruzione. Il mistero si fa più fitto scoprendo il nucleo vuoto dell’edificio: la casa sembra implosa, divorata dall’interno da un vuoto prepotente che spinge gli ambienti all’esterno, confinandoli nella fascia perimetrale. Fragile diaframma costretto tra due esterni, le stanze si sviluppano in una sorta di corridoio segmentato sospeso sulla macchia sottostante: ogni funzione si svolge in continuità senza divisioni, il ciclo del giorno e della vita fluiscono in questi ambienti e vi scorrono sorvegliati dal corso quotidiano del sole, che scandisce il passare del tempo irradiando di luce mutevole le quattro facciate vetrate.
Il cortile è un tipo di esterno differente, slegato dai ritmi biologici ma in diretta comunicazione con gli elementi permanenti, con la natura nei suoi aspetti più potenti e meno variabili: uno spazio vuoto e astratto nella sua comunione di acqua e cielo, dialogo muto e trascendente nel quale l’uomo, figura schiacciata dalla loro imponenza, partecipa discosto, protetto da un castello superbo di cemento, come relitto o scheletro preistorico adagiato sulla terra selvaggia.