Corrado Folinea è una figura coraggiosa nel mare magnum dell’arte contemporanea napoletana. Gli abbiamo posto qualche domanda sulla sua visione e sul suo progetto, il Museo Apparente, situato a Napoli in Vico Santa Maria Apparente 17.
È un “luogo nel luogo”, nascosto ma da svelare, di dimensioni ridotte ma carico di energia, un esempio di coesistenza tra privato e pubblico; rappresenta la possibilità di creare qualcosa di innovativo partendo da un luogo sconosciuto ed intimo. Folinea accoglie artisti emergenti da tutte le parti del mondo, invitandoli ad inserirsi e modificare lo spazio del Museo Apparente, casetta di legno posizionato nel suo giardino. Il Museo si contestualizza perfettamente nella Napoli dalle stradine strette e le scale scoscese e ora diviene calamita per l’occhio più curioso, segreto custodito dalle mura discrete di una strada popolare, veicolo di riflessione sulla condizione e sulla prospettiva dell’arte contemporanea. Il Museo Apparente va oltre la sua etichetta di museo, è una realtà indipendente che mira ad un dialogo tra l’immaginario dell’artista ed il valore dell’opera d’arte che trasmette solennità al luogo, di qualunque genere esso sia.
Chi è Corrado Folinea?
Corrado Folinea, è nato nel 1976 nei pressi di Bari ma vive dal 1978 a Napoli, dove la sua famiglia risiede da sempre.
Da dove nasce questa forte passione per l’arte?
Sin da piccolo ho sempre avuto una grande passione per la musica, il collezionismo e il design. Dopo essermi laureato in legge ho frequentato un master in Comunicazione a Milano, la Mountain School of Arts di Los Angeles, diversi workshop per artisti tra Napoli, Torino, Berlino e Belgrado. Tornato da queste forti esperienze ho iniziato a produrre dei lavori, ed alcuni di questi hanno ottenuto anche una discreta attenzione. Un merito particolare per questa mia ‘passione’ lo devo, in ogni caso, a mio fratello e alla galleria Fonti per la possibilità che mi ha dato di stare al fianco di artisti di grande levatura.
Come nasce il Museo Apparente?
Sono diversi i motivi per cui ho pensato di fondare il Museo Apparente. Uno di questi è l’aver notato, fino al 2010, quanto nel sistema dell’arte e fra gli ‘addetti ai lavori’ il termine museo fosse considerato pesante e, per certi, versi obsoleto. Nel giugno del 2011, quando ho inaugurato il primo progetto con il Museo Apparente, scelsi quindi questo nome in controtendenza, e per il fascino che suscita in me il gioco di parole (lo spazio si trova infatti in vico Santa Maria Apparente). Oggi, invece, basta sfogliare una rivista d’arte, ascoltare una trasmissione radiofonica o vedere un canale televisivo che parla d’arte per notare quanto l’uso del termine sia fortemente ripreso e forse abusato. Mi sento quasi in colpa per aver contribuito a questa forma di ‘abuso’! In poche parole, ho sentito l’esigenza di creare un luogo espositivo più stimolante per gli artisti invitati a risiedervi. Il Museo Apparente è una casa che è al tempo stesso residenza e spazio espositivo.
Secondo quali criteri sceglie gli artisti da esporre nella sua galleria? È disposto a dare spazio anche a coloro che sono ancora sconosciuti?
Non credo che dalle nostre parti nomi come quelli di Stefan Thater, Michele Di Menna, Hella Gerlach, Sol Calero, Roman Schramm e Rachel de Joode dicano qualcosa a qualcuno, e penso di aver citato gli artisti più noti. In ogni caso, non esiste un criterio preciso di selezione se non quello di rientrare in una linea espositiva che cerco di seguire e che spero sia individuabile attraverso la visione delle mostre fin ora presentate, il sito web e le riviste fin qui editate.
Quanto conta la prima impressione nello scegliere un artista?
Avendo un approccio artistico nella scelta degli artisti, sono perfettamente consapevole della capacità di questi ultimi di ‘fregare’ l’osservatore. Cerco quindi di non farmi coinvolgere al primo sguardo: l’opera di un artista va vista, rivista e studiata. Solo dopo, forse, può essere giudicata.
Cosa pensi del ruolo del gallerista/curatore all’interno della città di Napoli?
A Napoli ci sono curatori, galleristi e artisti di ottimo livello che però non sono stati adeguatamente valorizzati. Peccato, perché avrebbero potuto favorire la crescita del livello culturale della città, ma è probabile che questa sia una questione nazionale e non solo locale.
Cosa ne pensa delle attività di arte contemporanea che oggi ci sono a Napoli? E in questo senso, in che posizione si trova la città di Napoli rispetto alle altre città italiane?
Credo che Napoli abbia sempre avuto grandi eccellenze nel settore come in tanti altri ambiti. Il problema è forse proprio l’altra faccia della medaglia. Mi riferisco a tutti quegli spazi che sono nati a Napoli sotto la bandiera dell’arte contemporanea, ma che poi hanno fatto ben poco per la città.
Quant’è importante la cultura nel nostro Paese e soprattutto cosa bisognerebbe che le istituzioni facessero per diffonderla?
Non credo di poter dare una risposta adeguata ad una domanda così delicata ed attuale soprattutto per il Sud del paese, così ricco e pieno di esempi positivi da seguire. Posso solo elencare dei termini che mi piacciono molto: cura, fruizione, accessibilità, manutenzione, restauro, dettaglio.
Quale ruolo (culturale, sociale, economico) ha nel nostro territorio il Museo Apparente e come lo ha raggiunto?
Sicuramente posso dire che il Museo Apparente è servito un po’ a dare coraggio e forse ispirazione a molti altri progetti che si sono sviluppati successivamente, e forse questo aspetto è già di per sé un risultato sociale e culturale.
Ad oggi, sembra evidente l’operato fondamentale di ricerca e sperimentazione che stanno portando avanti le piccole realtà rispetto ai grandi centri. Alla luce di questa constatazione, quale pensa sia il suo contributo nell’arricchimento e approfondimento di questo discorso sul contemporaneo?
Anche in questo caso invito alla visione della pagina web, delle singole mostre, delle riviste e dei bellissimi testi critici che amici e colleghi hanno potuto scrivere sugli artisti di volta in volta presentati.
Come descriverebbe l’attuale condizione dei centri “minori” di arte contemporanea?
Se per centri minori si intendono gli artists run spaces allora non credo che in Italia ci sia un’ottima considerazione al riguardo, basti notare come le fiere importanti d’arte non invitino questi spazi ad arricchire i loro padiglioni, spesso noiosi, e le istituzioni difficilmente si abbassino a dialogare con realtà artistiche indipendenti.
In Italia si preferisce considerare queste realtà come outsiders o come degli spazi no ‘qualcosa’. Questo è triste se pensiamo che tanti centri importanti hanno cominciato le proprie attività proprio come dei semplici artist run spaces.
Ci descrive il ruolo della sua galleria entro il progetto di costruzione permanente dell’arte contemporanea a Napoli?
Progetto di costruzione permanente dell’arte contemporanea a Napoli? Non ne sono a conoscenza ma mi piacerebbe saperne qualcosa. Per adesso gli unici momenti di condivisione sono state le Giornate del Contemporaneo grazie al Madre e le collaborazioni con tante persone provenienti da diverse realtà.
Quali sono le aspettative future e i sogni nel cassetto?
Voler diventare un vero Museo mi sembrerebbe banale. Mi piace una frase che ho letto recentemente e che dice: “ho un cassetto troppo piccolo per contenere tutti i miei sogni”.