1010 è un artista di origini polacche e base ad Amburgo con una caratteristica molto particolare: disegnare buchi nei muri.
Amburgo, Panama, Tokyo, città negli Stati Uniti sono alcuni dei luoghi in cui è possibile apprezzare i suoi lavori. A metà fra un buco nero e la palette di un ikebana, le sue opere sono realizzate con una tecnica basata su giochi chiaro-scurali tali da dare l’illusione che la vernice spray della bomboletta possa aprire nei muri uno di quei varchi spazio-temporali di cui siamo memori dai cartoni animati dell’infanzia.
L’ispirazione è dettata innanzitutto dal contesto del murales: 1010 prende foto del muro, della casa, dei dintorni e in studio prepara uno sketch di base scegliendone i colori. L’opera viene realizzata partendo dal centro col colore più scuro e allargandosi concentricamente con strati strati di colori più chiari e finte ombre in modo tale da conferire un’impressione di profondità alla superficie piatta del muro.
Lo street artist, che oltre a murales realizza con lo stesso soggetto anche dipinti da esposizione e papercuts, ha in passato lavorato su lavori più figurativi ed è solo da un paio d’anni che si sta concentrando su composizioni astratte. Se lo stile grafico resta abbastanza riconoscibile nel passaggio tra le due fasi, l’attuale lavoro sui “buchi” è certamente dotato di maggiori espressività e carattere individuale.
Il moniker in codice binario, 1010, gli è stato affibbiato da un fotografo che iniziò a chiamare così le foto dei suoi primi progetti, dei caratteri minimali tratti da vecchi quotidiani, contrassegnati da queste cifre per mettere in evidenza una connessione tra il comportamento, le lettere, le parole utilizzate nei giornali e il codice.
Sebbene le sue opere “outdoor” non abbiano un vero e proprio titolo, il suo lavoro è molto ispirato dal linguaggio, come ha avuto modo di spiegare in un intervista alla galleria Hashimoto Contemporary di San Fransisco in occasione di Limbus, una personale ospitata il mese scorso dalla stessa galleria:
“Non ho mai studiato latino a scuola, forse è per questo che cerco di scavare nelle radici di una parola. Limbo per esempio significa: il bordo, il limite, il margine di una parte. Alche la concezione di limbo di Dante è interessante: il limbo – quella regione dell’Inferno popolata da coloro che non erano destinati al Paradiso, sebbene non avessero peccato – esiste nella teologia cristiana del tempo di Dante, ma la versione che ne da questo poeta è più generosa del solito. Il suo Limbo include adulti non-Cristiani virtuosi e bambini non battezzati. Per cui vi troviamo moltissimi eroi, pensatori, della Gracie e Roma antica, oltre a non-cristiani medievali come il Sultano d’Egitto Saladino o i grandi filosofi islamici Avicenna e Averroè. Per Dante ospitava anche personaggi della Bibbia ebraica, “liberati” dalla crucifissione di Cristo secondo la teologia. Ma il limbo è connesso anche all’occhio: il limbo corneale è il bordo tra la cornea e la sclera. E in fondo un occhio somiglia in qualche modo ad un buco. Questa è stata la mia ispirazione per l’ultimo murale tondo che ho realizzato a Panama.”