Le opere di Chiaru Shiota penetrano l’ambiente in cui vengono realizzate e se ne appropriano in maniera articolata e meticolosa. Questo è radicalmente modificato nella sua natura di neutro spazio espositivo, coinvolto con astuzia nell’opera e posto in primo piano come soggetto principale su cui viene esercitato il lento e ostinato processo creativo. Con la sottile invasività simile a quella di un ragno che tesse la sua ragnatela o di una pianta infestante che con lenta e instancabile tenacia riconquista i luoghi un tempo sottratti dall’uomo alla natura, le opere di Chiaru Shiota si appropriano di ogni minima parte dello spazio che le circonda e lo trasformano. Il risultato è una intricata mappatura di fili che attraversano e saturano lo spazio. Il fitto tessuto di capillari che lo innerva mette in circolo la linfa vitale necessaria a mutare un luogo asettico e privo di identità in uno spazio vivo e organico. I muri bianchi della stanza diventano le pareti interne di un corpo vivente di cui si percepisce il lento respiro e il pulsare del sangue.
I fili rossi di Chiaru Shiota, a differenza di quello di Arianna, smarrisce e disorienta. Le infinite direzioni suggerite non conducono mai all’esterno, ma intrappolano nell’opera chi vi entra.
Nell’intricato groviglio di linee appaiono oggetti che affiorano come relitti rigettati dalle correnti vorticose da cui sono stati generati e restano intrappolati nelle maglie fittissime da cui è impossibile liberarsi. Come per lo spazio, anche gli oggetti sono assorbiti, metabolizzati e restituiti con un aspetto completamente alterato. Questi appaiono come il risultato di una serie infinita di combinazioni, come il cristallizzarsi delle forze che attraversano lo spazio, si scontrano e confluiscono in un unico punto. Sono simboli che condensano e sintetizzano il complesso di forze che anima le opere di Chiaru Shiota.