Se siete passeggiatori attenti e curiosi, è probabile vi siate imbattuti nei loro lavori tra le strade di Roma e Bologna. Questo perché il duo conosciuto col moniker ROBOCOOP non passa certo inosservato e le loro opere di street art riescono sempre a lasciare negli occhi di chi le osserva quella sana curiosità che è alla base dell’accrescimento culturale. Li abbiamo raggiunti per una breve chiacchierata accompagnata da alcune foto dei loro lavori più recenti.
Ciao ragazzi, ci raccontate come nasce ROBOCOOP?
ROBOCOOP (acronimo di RomaBolognaCooperazione, ovvero le nostre due città natali) è un progetto nato intorno al 2012, in uno studio al piano terra di una palazzina romana. È sempre stato un forte diversivo alla quotidianità, anche se sta diventando sempre di più un approccio e una ricerca artistica che ci influenza ogni giorno: ROBOCOOP unisce molti dei nostri comuni interessi (architettura, arte, fotografia, disegno, ecc), pur rimanendo una sorta di alter nos.
Il 2012 è l’anno di “Smog Project”. In cosa consiste e che feedback avete avuto da questo progetto?
Dopo le prime moltissime affissioni relative a questo progetto, cominciarono a circolare foto e articoli su vari siti (tra cui il Time e Romephotoblog) sui nostri lavori. A quel punto, abbiamo capito di dover “uscire allo scoperto” (anche perché molti lavori non erano firmati) e motivare le nostre idee: con “Smog Project” abbiamo cercato di dialogare con la città attraverso quadri famosi con il semplice innesto di un corpo estraneo al contesto come una mascherina. Il riscontro – come dicevamo all’inizio – è stato positivo, catturando l’attenzione dei passanti e lasciandoli liberi nell’interpretazione e nella riflessione.
Nel 2014 abbiamo un’evoluzione nella storia di ROBOCOOP. Come si è concretizzata?
Dopo un anno sentivamo di iniziare un nuovo tipo di ricerca, più soggettiva e critica verso i quadri/affreschi che analizzavamo. Con le conoscenze dateci dagli studi di Architettura, abbiamo cominciato a notare delle similitudini tra gli elementi architettonici presenti nei quadri e quelli moderno-contemporanei andando così a mutarne la forma con architetture di oggi: ogni giorno siamo stimolati a cercare e a sperimentare con questo approccio, perché ci interessa fortemente la continuità e le mutazione delle forme urbane durante il corso dei secoli (che vediamo appunto attraverso quadri, disegni, affreschi, schizzi). Compariamo in maniera soggettiva prospettive e spazi urbani o naturali con forme contemporanee, facendo attenzione alla composizione, alla struttura e alla storia del quadro.
I vostri lavori sono studiati nel minimo dettaglio. Avete mai il timore che chi li osservi non percepisca gran parte degli accorgimenti apportati e non colga il messaggio che volete diffondere?
Sì, in effetti questo è uno dei quesiti che ci pone spesso chi conosce i nostri lavori: non è sempre facile capire gli interventi che compiamo – di questo ce ne rendiamo conto – ma a parere nostro, è importante cercare di capire e approfondire quello che ci circonda. Di base, esistono due tipi di passanti: chi si ferma ed è attento allo spazio urbano che vive, che prova a capire cosa gli si pone davanti, fotografandolo magari o appuntandosi il nome di chi ha fatto il lavoro per approfondire, e chi no. È di questo che tratta la street art.
Attualmente siete concentrati sulla commistione tra arte classica e contemporanea. Immaginate già un ulteriore sviluppo per ROBOCOOP?
Sì, stiamo già pensando a delle evoluzione stilistiche rispetto ai soliti lavori, ma l’approccio sarà sempre simile. Ci stiamo rendendo conto che, anche al di fuori di ROBOCOOP, le nostre ricerche sono sempre tese e improntate su un’analisi e rielaborazione della forma classica attraverso qualcosa di nuovo, contemporaneo o futuro. Pare non ne possiamo fare a meno.