Nico Chiapperini è un fotografo di Novi Ligure che vive e lavora ad Amersfoort nei Paesi Bassi. Il suo primo contatto con la fotografia risale all’infanzia, quando trovandosi con un macchina fotografica tra le mani inizia a scattare fotografie a dei dinosauri finti in un parco giochi. Dopo aver abbandonato a lungo la fotografia ed aver preso una laurea in ingegneria spaziale, torna in lui la necessità di osservare le cose da dietro una lente, così nel 2011 la galleria olandese ABC Tree hut Gallery in Den Haag espone la sua personale, la prima di una lunga serie che lo vedono raggiungere la fama internazionale.
Ubique Solitudo, ovvero “solitudine in ogni luogo” è un progetto che si è sviluppato nel tempo e che indaga non solo il concetto di solitudine in generale, ma rappresenta uno stato d’animo che ha accompagnato a lungo l’artista. La condizione umana dell’essere solo rappresenta per Chiapperini un doloroso ma risolutivo punto di partenza per scoprire il suo inconscio, una fonte di conoscenza della realtà umana che spesso fa più soffrire e che, nel caso del fotografo, rievoca in lui un “fantasma della memoria”.
Quasi ossessionato dalla solitudine che si manifesta interiormente ed esteriormente, Chiapperini ha deciso di combatterla tramite la conoscenza, dandole quasi un volto da spiare e da sorprendere nei luoghi più impensabili e vitali quali la casa, la strada, la natura. Impattando contro l’esser soli, abituandosi ed accettando la solitudine, l’artista ha iniziato a familiarizzare con essa, fino a smettere di sentirla.
Ubique solitudo è una serie di 42 foto che ritraggono oggetti, luoghi, animali, persone aventi insito nell’atteggiamento, nel luogo, nel contesto, nella loro essenza, nella posizione casuale e scarna, l’accezione di solitudine. Una solitudine che non rappresenta morte, ma mancanza di qualcosa che poteva essere o che c’è stato. La solitudine che comprende la conoscenza di ciò che non si ha, degli sguardi che non si incrociano, della trama che non si sfiora. Le foto di Chiapperini non sono morte, non sono tristi, ma statiche, ferme nel momento più doloroso, il momento in cui si è impotenti, costretti in attesa di una notizia o della primavera. D’altronde è anche questo che rappresenta la solitudine: un momento di stallo in cui ci si sente emarginati.
Nel rappresentare una sospensione degli eventi c’è anche la speranza che il momento sia seguito da nuovi momenti in cui la solitudine divenga consapevolezza di una possibilità di conoscersi e di osservare/si con nuove prospettive, di disubbidire al tempo ed agli eventi.
L’intera serie potete trovarla sul sito di Nico Chiapperini.