Questo assunto sembra quanto mai attuale in un contesto in cui il potere comunicativo dell’architettura si amplifica e si allarga a qualsiasi tipo di pubblico. Giusto così, in fondo siamo un po’ tutti architetti.
Tuttavia, la dimensione problematica del fenomeno sembra risiedere proprio nel fatto che gli edifici, o le immagini atte a simularli, si trasformino oggi in veicoli pubblicitari, in brand universali: l’oggetto architettonico non è più il messaggio nella sua dimensione concreta, ma il mezzo con cui questo messaggio viene espresso, dando vita ad un’altra disciplina, quella della comunicazione dell’architettura.
Appare chiaro quindi come la modalità espressiva con cui il progetto viene rappresentato dall’architetto assuma, oggi, un ruolo centrale: basti pensare al livello di impatto comunicativo raggiunto dai render dei grandi studi di architettura, che spesso nulla ha a che vedere con il corrispettivo edificio costruito; un algido iper-realismo che rende a volte drammatica la scissione inevitabile tra la realtà concreta e la sua rappresentazione.
Per fortuna, nel sottobosco della rete, sono sempre più numerose quelle piattaforme on-line che trasformano il problema in un’occasione creativa. È questo il caso di KooZA/rch: la piattaforma promuove i lavori di giovani studenti e professionisti che hanno colto la sfida della comunicazione dell’architettura secondo approcci non convenzionali; riscoprendo cioè le suggestive tecniche del disegno tradizionale in chiave comunicativa e nuove atmosfere pittoriche nella simulazione degli spazi. Queste rappresentazioni si discostano per propria scelta dalla realtà del costruito, ma questa presa di posizione mira a comunicare importanti valori emozionali e affettivi del progetto, messi da parte nella rappresentazione corrente.
Abbiamo intervistato la co-fondatrice della piattaforma londinese, Federica Sofia Zambeletti, con cui ci siamo ritrovati a condividere diversi punti di vista sulla questione.
Come nasce la vostra piattaforma, quali sono i vostri obiettivi e da chi è composta?
Come la maggiorparte delle cose nella vita, KooZA/rch è nato da un bicchiere di vino ed è cresciuto fino a includere giovani architetti internazionali, il cui obiettivo è quello di promuovere l’arte del disegno architettonico visionario.
Justin Wheatley
Scorrendo il sito, appare come ci sia, nella pubblicazione dei lavori, una accurata selezione grafica. Sembra quasi che siano stati esclusi quella classe d’immagini, molto in voga, che mirano a un eccessivo realismo o a un iper realismo della rappresentazione. Qual è la ragione di questa scelta?
Il motivo più importante dietro questa scelta è che siamo grandi appassionati di arte e come tali siamo sempre stati interessati all’analisi della rappresentazione dell’architettura e dello spazio nell’opera dei grandi maestri, non importa che essi provengano dalle belle arti, street art o siano architetti. E’ interessante notare come ogni individuo e ogni epoca si approccia alla rappresentazione dell’architettura in diversi modi. Quando guardiamo al mondo delle belle arti rimaniamo affascinati dai lavori di Giotto, Monet e Magritte. La maniera in cui ogni artista si interroga sull’interazione tra l’uomo, la costruzione e l’ambiente ci affascina profondamente; abbiamo osservato il modo in cui il concetto del tempo può essere espresso attraverso una giustapposizione di luci nell’enigmatico “L’ impero della luce” di Magritte o gli affreschi di Giotto che per primi cominciano ad esplorare l’idea della prospettiva, ma dove l’architettura sempre agisce come uno sfondo animato delle scene religiose. Anche se l’artista interpreta la realtà, rappresenta quello che esiste ovvero quello che vede, il potere dell’architetto e dei suoi disegni è invece di trasmettere una visione che appartiene a una realtà esclusivamente mentale e che si arricchisce di texture, sensazioni e atmosfere. È per questo che apprezziamo in maniera particolare l’input personale dell’architetto nel districarsi con le immagini; questo è qualcosa che si è effettivamente perso con il render iper-realistico, che non fa nient’altro che vendere un’utopia prefabbricata. Infatti, mentre le nuove ricerche sull’espressività grafica del disegno riescono a descrivere tanto l’architettura quanto le ossessioni personali dell’architetto,il render invece rivela la sua fragilità nel cercare di descrivere una realtà troppo ideale, tanto da diventare fredda e distante.
Juan Benavides, Monare
In che modo architettura e immagine si compenetrano? Qual è il ruolo della grafica nel progetto di architettura?
Il ruolo della grafica nel campo dell’architettura è quello di essere uno strumento per raccontare una storia. È come se la grafica vestisse lo scheletro in bianco e nero del disegno, costituito da linee impresse su uno sfondo, le stesse linee che nascono nella mente dell’architetto. Attraverso il disegno l’architetto riesce a materializzare la sua visione dello spazio e narrare la complessa dicotomia tra la vita umana e il contesto.
Gilbert Leung
Intitolate il vostro sito con questa frase ” A visionary platform of architecture”. Cosa intendete per visionario e che ruolo pensate possa avere questa parola nell’architettura contemporanea?
Visionario ha a che fare con l’immaginazione. Questa parola ci riporta indietro, all’esperienza di Piranesi e del suo modo visionario di creare intricate e dettagliate incisioni di Roma: qui l’artista ha combinato riproduzioni fedeli della realtà con una carica immaginaria ed emozionale molto intensa.
“Ho bisogno di produrre grandi idee e credo che se mi fosse commissionato di disegnare un nuovo universo io sarei pazzo abbastanza da accettare l’incarico”.
Ci piace pensare che, come architetti, ci battiamo tutti per produrre qualcosa che ci conduca a varcare i limiti delle nostre capacità mentali, qualcosa di nuovo che sia capace sia di risolvere i problemi del mondo sia di provocare emozioni. Il modo in cui noi intendiamo la parola “visionario” quindi, ritengo sia quanto mai contemporaneo. Ora più che mai gli architetti sono chiamati a un atteggiamento profondamente creativo e non convenzionale per risolvere nuovi problemi sociali e ambientali.
Carlalberto Amadori, Torre Italia
“L’architettura è l’arte nella quale la presenza dello spazio, che c’è anche nelle altre arti, si fa presenza non solo rappresentativa ma fatto concreto”.
Siete d’accordo con questa affermazione? Potremmo considerare l’architettura come un’arte?
Il primo modo in cui ho pensato all’architettura quando ho cominciato l’Architectural association è stato di considerarla come una “scultura funzionale”. Funzionale nei termini in cui essa si relaziona con l’individuo, il contesto e gli obiettivi ma aspirando a quella bellezza che solo il David di Michelangelo è capace di sfiorare.
Grazie. Vi auguro il meglio per il futuro della vostra piattaforma.
This assumption appears contemporary in a context in which the communicative power of architecture strengthens and expands its possibilities and includes a larger and larger audience. After all, everybody is a little bit architect.
However a problematic dimension of the phenomenon rests in the fact that buildings, or the image which simulates a building, become an advertising tool and a universal brand where the architectonic object is no more the message in its concreteness, but is now a medium. This factor gives birth to a new discipline: the communication of architecture.
It is clear how the expressive means by which a project is represented now plays a central role. One does not have to look any further than the level of impact that is created through the hyper realistic rendered images of the great architectural studios. Images, which in most cases, have nothing to do with the equivalent construction, a callous realism which makes the inevitable scission between the tangible truth and its representation dramatic.
Fortunately, in the underground of the web, online platforms, which transform the problem in a creative opportunity, are numerous.
This is the case of KooZA/rch, a platform which promotes work of both young students and architectural offices. The images can be seen as taking up a communicative challenge through unconventional ways. Images which rediscover the suggestive traditional drawing techniques and new pictorial atmospheres in the simulation of spaces which, even if lacking realism, convey the important affective and emotional values of the project, which are overlooked by the current trend of architecture communication.
I interview the KooZA/rch co-founder Federica Sofia Zambeletti, who shared with me a lot of points of view about the topic.
First of all, how did Koozarch begin? Who compose your team and what are your goals?
As many good things in life KooZA/rch was born over a glass of red and has now grown to encompass a group of young international architects whose goal is promote the art of visionary architectural drawing.
Justin Wheatley
Surfing the platform, i have perceived you accurately selected works by a graphic point of view.There are no hyper-realistic drawings, you favored graphic unconventional research. What’s the reason of this choice?
The foremost motive behind this choice is that we are great art enthusiasts, and as such are always eager to analyse the portrayal of architecture and space through the work of artists, whether them being fine artists, graffitists, or architects. It is interesting to see how each individual and era approaches the representation of architecture in a distinct way. When looking at the realm of fine art we are very fascinated with the works of Giotto, Monet and Magritte. The way in which each artist deals with the relationship and interaction between human, construction and environment, is something that deeply fascinates us; how the concept of time can be explained through a juxtaposition of lights in Magritte’s enigmatic Empire of Light or Giotto’s frescos which first start to explore the idea of perspective but where the architecture always acts as a backdrop to the religious scenes. Whilst the artist interprets and depicts what is already there, the power of the architect and his drawings is to convey a vision that he bears in his mind, and for us that is rich with textures, atmospheres and feelings. As such we particularly value the personal input of the architect in the image, something we trust is lost with the hyper realistic render, which does nothing, more than sell a fabricated utopia. Where the unconventional graphic drawings goes to describe something of both the architect and the architecture, the render tries to set a too good to be true standard and view of reality.
Juan Benavides, Monare
How does architecture and representation link together? What’s the graphic role in the architectural project?
The role of graphics within the realm of architecture is a tool, which helps tell the story. The graphics dress the black and white skeleton of lines, which are born in our intellect. Through a drawing the architect is able to materialise his vision for the space and to narrate the emotive discourse between it, the people and the context.
Koozarch: ” a visionary platform of architecture”. What do you mean for visionary and what do you think about the role of this word in contemporary architecture?
Visionary, to imagine. As such we go back to Piranesi and his visionary way of creating intricate, detailed designs in particular of Rome, where he combined faithful reproductions with emotions.
‘I need to produce great ideas, and I believe that if I were commissioned to design a new universe, I would be mad enough to undertake it.’
We like to think that as architects we all strive to produce something that goes beyond our mental capabilities, something novel that is both able to solve critical world issues as well capable of provoking emotions. If we thus take the term ‘visionary’ as interpreted by us, I believe it is a very contemporary condition. Now more than ever are architects challenged with new social and environmental problems to which they have to respond in a creative and unconventional way.
“Architecture is an art in which the presence of space is double: representative and concrete.”
Do you agree with this definition? Can we consider architecture as an art?
The first way I thought of architecture when starting the Architectural Association was as a ‘functional’ sculpture. ‘Functional’ in terms of how it relates to the individual, context and purpose, but with that beauty that only the Davide of Michelangelo is capable of.
Thank you very much. I wish you all the best.