Evoked è un progetto di ricerca visuale, confluito recentemente in una mostra che ha visto la sua prima tappa a Tirana nel Febbraio 2016. Lo spirito dell’iniziativa è racchiuso nel titolo: evocare, con il potere dell’immagine, il fenomeno della polverizzazione dell’edilizia informale albanese generato dal primo ventennio trascorso dalla caduta del regime comunista.
Percorrendo il tratto costiero che va da Nord a Sud del paese, ci si imbatte in una costellazione lineare di scheletri in cemento armato che riflettono l’individualismo feroce con il quale parte della popolazione si è riappropriata della gestione del territorio. Rispetto al fenomeno comune dell’edilizia abusiva, quella albanese possiede alcuni caratteri specifici come il rapporto sempre mutevole tra l’articolazione volumetrica dei corpi di fabbrica e il telaio soggiacente e una certa mixitè di funzioni distribuite sui vari livelli. Ma l’aspetto più interessante di questi episodi risiede nella suggestione enigmatica della relazione con il paesaggio. Dove un’espressività cruda, priva di ornamento e un radicamento al suolo puntuale, trasforma l’edificio in una sorta di dispositivo di contemplazione del paesaggio stesso. Per dirla con le parole dell’architetto Domenico Pastore, tra i curatori della mostra, “indifferenti alle peculiarità orografiche in cui vengono erette, queste costruzioni si antepongono alla scena degli accadimenti, filtrando il paesaggio circostante e occultandone porzioni attraverso diverse modalità di chiusura dello spazio interno e di ancoraggio al suolo.”
Su questo tema sono stati invitati al confronto sedici coppie di architetti italiani e albanesi, ai quali sono stati assegnati altrettanti esempi dell’informale albanese: il dialogo è ottenuto con la formula del dittico che accoglie, in merito a uno stesso edificio, due rielaborazioni grafiche (italiana e albanese) secondo accoppiamenti casuali. Come un incontro al buio tra due realtà solo apparentemente distanti. Questa scelta espositiva permette inoltre di cogliere immediatamente, a partire da una stesso supporto fotografico, diversi livelli di realtà che moltiplicano le possibilità di azione e visione immaginifica.
Il disegno mette in questo caso da parte velleità artistiche di tipo individualistico per stabilire un piano di confronto: la trasfigurazione dell’immagine è di volta in volta provocatoria, suggestiva, allusiva o concettuale, stimolando il pubblico a una reazione empatica, spesso generata dal confronto immediato tra due considerazioni su uno stesso oggetto. E’ forse questa una delle dimensioni sociali che può assumere il disegno di architettura oggi: avvicinare realtà fisicamente distanti tra loro, ma soprattutto stimolare creativamente il dibattito su domande delicate a cui più che la parola può provare a rispondere la figurazione e la ricerca visiva.
Gli esiti della ricerca sono confluiti nel catalogo “Evoked. Architectural dyptichs”, Giuseppe Laterza editore.
Team curatoriale: Adelina Greca, Albana Koçollari, Anna Bruna Menghini, Frida Pashako, Domenico Pastore, Giuseppe Resta.
Disegni e testi di: 2A+P/A, Agim Baboçi, Carmelo Baglivo, Michele Beccu, Arben Biçoku, B&L studio, Taulant Dano, Eled Fagu, Fabio Alessandro Fusco, Luca Galofaro, Cherubino Gambardella, Matteo Ghidoni, Ermira Godo, Arben Golemi, Albana Koçollari, Agron Lufi, ma0, Kreshnik Merxhani, Maksim Mitrojorgji, Carlo Moccia, Lorenzo Netti, Maurizio Oddo+Alessandro Barracco, OfCa, Artan Raça, Luca Ruali, Beniamino Servino, Spacelab, Dorian Tytymçe, Pirro Vaso, Maks Velo, Armand Vokshi