Laggiù c’è il confine delle ultime terre, il Salento Terra della Fine. Lo sguardo di Adriano Nicoletti si spinge sino là. Ma laggiù si ferma. Analizza le terre che stanno al di qua di quell’ipotetico confine tra quello che c’è stato, quello che c’è, quello che ci sarà e quello che ci piacerebbe ci fosse o ci potesse essere in futuro. Ma il futuro è già segnato da un presente che lascia tracce di solitudini lambite dal mare. Sono immagini rigorosamente pulite, essenziali dove le architetture, i manufatti di uomini invisibili trasmettono la calma inquietudine dell’abbandono e divengono protagonisti silenziosi costruiti nella natura che ricordiamo luminosa, calda e sensuale del Salento ma che qui appare statica e raggelata nei colori di sopiti languori.Sono luoghi dove a volte potrebbero comparire casualmente fuggevoli umani, mai protagonisti ma comparse scappate in altri posti in cerca, forse, di altri lidi più felici. Hanno lasciato tracce di vita come segnali di esistenze: un telo senza padrone, un lavandino senza rubinetto, una porta senza goal, una Bella Napoli senza la o.
Fotografare assenze.
Così tutto ritorna deserto e le storie di quegli spazi racchiusi in fotogrammi studiati ognuno se le deve reinventare. Nicoletti ci mostra la sua visione quasi geometrica del mondo, dove simmetrie di colori delicati si armonizzano con l’intorno, ma sta a noi dipanare il bandolo delle emozioni che ci vuole suggerire.
Finibus Terrae è un lavoro di ricognizione della costa salentina, svolto fra il 2014 e il 2015, presentato nella mostra personale presso ZEI di Lecce nel 2016. Un work in progress perché sempre l’occhio attento di Adriano Nicoletti sa e vuole cogliere il senso delle trasformazioni, cercando di carpire il presente ricco dei segni del passato, immaginando il futuro che prefigura inaridito dai falsi miraggi di benessere degli uomini.
Le sue parole colpiscono per la loro chiara analisi:
“Finibus Terrae, il Salento senza trucco, nella stagione della quiete svela con chiarezza il rapporto fra natura, intesa come elemento primario e luogo, inteso come risultato dell’elaborazione culturale e strumentale dell’agire umano. Sulla costa, confine fisico ed ideale del finibusterrae, il concetto di contaminazione delle due componenti assume un simbolismo pregnante ed intenso.
Qui spesso in maniera violenta e contraddittoria si leggono i segni di un passaggio umano egocentrico ed ottuso, spinto dall’esclusiva pulsione economica. Tracce indelebili di una cultura oramai fiaccata ed inquinata dalle dinamiche aride del mercato. In questo periodo dell’anno, nei giorni velati dal cielo coperto da una coltre leggera di nubi, emerge, inoltre, un’atmosfera d’attesa, di sospensione, che sembra rimandare ad una speranza verso un futuro che si farà ma che in realtà, si trasforma ben presto in rassegnazione. Per un destino dei luoghi, ormai scritto nei segni indelebili, della modificazione permanente e invasiva del passaggio umano. Finibusterrae indaga un luogo geografico, il Salento e un limite fisico, dove la terra emersa incontra il mare; dove la scrittura dei luoghi si rarefà e sfuma come appendice di un’urbanizzazione sempre più fagocitante.”
Spazi rinserrati per difendersi dalla natura invadente, ma la sabbia si accumula contro i ripari degli uomini, effimeri presidi per arginare l’invadenza delle piante sradicate dal vento. E anche se non si vede lì, dietro quel muro bianco dove i cannicci paiono bastioni a difesa di un antico castello, sentiamo la presenza del mare. Assente ma presente.
Colpisce il silenzio che neppure il mare osa trafiggere e gli uomini che sono fuggiti erano muti. Come pesci. Il segreto e il fascino di queste immagini è nel percepire, dietro l’apparenza di una calma illusoria, la tragicità di una terra violata dall’uomo.
Una realtà che diviene poetica dove le linee bluette degli infissi, del cemento del colore del mare, del tappeto di piastrelle mimetizzate grigio sabbia tagliano l’immagine in proporzioni calcolate, come in un quadro di Mondrian. Una nave sfumata e l’onda che infrange la rigidità di quel mare dipinto focalizzano la nostra attenzione e lo sguardo, rinserrato tra muri scrostati di blu, si perde laggiù, nelle finibusterrae.
Ma poi il viaggio ricomincia su quella passerella che ci invita a oltrepassare quei luoghi. Altri l’hanno già intrapreso lasciando impronte. Al mare il compito di cancellarle.