Così si esprime Ronan Bouroullec parlando di Urban Rêveries, il lavoro più sorprendente tra le quattro esposizioni tematiche presentate a Rennes questa estate e dedicate ai lavori del duo di designer francesi:
”[…] up until now, urban development was never our subject. I like being in that position. Over the past 20 years I think our best propositions were linked to subjects for which we were not particularly prepared.”
Non serve una particolare competenza per sognare, sembra volerci dire la coppia di fratelli che ha fatto della leggerezza e della raffinata spontaneità la propria cifra stilistica e forza progettuale. Da sempre legati al design del prodotto ma concedendosi spesso divagazioni più coinvolgenti anche a livello spaziale (da TextileField al lavoro portato avanti sui sistemi di divisori interni), con questa mostra si spingono con prepotente innocenza nel disegno dello spazio urbano.
Le venti rêveries, poggiate su un sistema espositivo fluttuante appositamente progettato, rappresentano un catalogo di re-invenzione e distorsione di una serie di consueti elementi architettonici e di arredo urbano, declinati in nuove e sorprendenti maniere. Gli spazi sono ideali e vagamente astratti, ma rispetto a un lavoro come il How small? How vast? How architecture grows di Junya Ishigami, troppo fiabesco e speculativo per sembrare realistico, in questo caso le varie proposte si articolano come un prontuario di soluzioni che dall’astrazione traggono l’applicabilità e la replicabilità in ambienti e città diverse.
La scala è vagamente spiazzante ma sempre definita, e l’accortezza dei due designer è tutta nel calibrare le proporzioni e gli oggetti altrimenti quasi metafisici sparsi sulla superficie possibile di una città immaginata. La natura compare come elemento purificato ed essenziale, mentre i colori e le superfici delle architetture si scompongono in una sinfonia di rimandi cangianti e anche gli elementi più imponenti vengono ricondotti alla combinazione di un microcosmo sinergico di singole unità.
Ecco che pergolati, chioschi, torrenti urbani, pensiline e sistemi ombreggianti si srotolano sulle superfici bianche degli espositori, proponendo un flusso di immagini e situazioni che restano come impressioni nella mente dei visitatori, come flebili interrogativi sulle possibilità di un tipo diverso di città.