Uno spazio per la comunicazione, il divertimento e la cultura, una sorta di macchina per l’informazione relativa alla Milla Digital: questo era ciò che la città di Saragozza chiedeva quando, per l’Expo 2008, incaricarono lo studio Carlo Ratti Associati – Walter Nicolino & Carlo Ratti per la progettazione del padiglione dedicato al turismo.
La risposta che ne derivò è un’interpretazione dei termini learning e leisure quasi come sinonimi al fine di descrivere uno spazio innovativo per la comunicazione e l’informazione. Questo padiglione esce dagli schemi tradizionali per invitare ad immaginare, nell’era del digitale, l’aspetto architettonico che potrebbe caratterizzare quelle nuove città etichettate come smart-city.
Dopotutto la parola smart, oggi, viene usata un po’ dappertutto, si parla di smart-cities ma anche di smartphones, smartwatches e smart-homes. La tecnologia, abbandonate le utopie tecnocratiche e meccanicistiche delle plug-in cities degli anni Sessanta, volta pagina e si digitalizzata sempre di più, trasformandosi in un layer invisibile e pervasivo in grado di rinnovare le relazioni tra le persone e gli spazi urbani. Questa rivoluzione digitale crea così nuove forme di mobilità e nuovi spazi per le attività e per l’aggregazione. Tuttavia come è possibile che tecnologie sempre più invisibili possano entrare a far parte di quegli aspetti più tradizionali dell’architettura?
Lo studio torinese ripensa dunque alla parola smart, e a questa preferisce parole quali molteplicità e connettività diffusa per definire la presenza di una sensoristica sempre più evoluta in grado di rendere reattivi gli oggetti e lo spazio intorno a noi. E proprio raccogliendo la sfida proposta dal tema dell’Esposizione di Saragozza “acqua e sviluppo sostenibile”, il padiglione si presenta come un spazio controllato digitalmente che utilizza l’acqua stessa come elemento architettonico di definizione spaziale, proponendo un innovativo concetto di tecnologia non tanto legato all’estetica compositiva del dettaglio tecnologico, quanto più alla capacità di adattarsi alle continue esigenze. Questo è il principale aspetto di una rivoluzione digitale che propone nuovi spazi ripartendo da dispositivi digitali in grado di ascoltare e reagire agli impulsi delle persone. Un’architettura molto più sensibile alle richieste di dinamicità e ottimizzazione, ma anche in grado di creare un suggestivo padiglione che vela la sua intimità attraverso delle eleganti cascate di acqua.
L’architettura esplora così varie strade compiendo esperimenti diversi, e proprio in questo progetto integra varie discipline a varie culture: dall’informatica del controllo digitale dell’acqua realizzato dal Massachusetts Institute of Technology (MIT), alla progettazione made in Italy, fino ad aspetti più sociali legati alla vita aragonese. Il risultato è un edificio puro, minimale, composto da due soli elementi monolitici, dove l’acqua diviene elemento architettonico in grado di farci divertire, suggerendoci un perimetro e una suddivisione spaziale interna in continua trasformazione. L’interattività di questo padiglione risiede nell’utilizzo di una tecnologia composta da gocce d’acqua a controllo numerico che, attraverso un’alternata interruzione del flusso, permette di rendere ogni parete una possibile via di entrata o di uscita. Caratteristiche importanti diventano poi la grande capacità comunicativa che si manifesta attraverso scritte, immagini e pattern che scorrono sulle pareti d’acqua, e tanto più la capacità di riconfigurare digitalmente la suddivisione degli spazi in base al numero di persone presenti. Il tutto è infine completato da una copertura mobile che permette al padiglione la più grande libertà: esserci solo quando ve ne sia necessità.
[…]wasn’t about technology. It was about people.
Menzionato dalla rivista “Time” come “Best Inventions Of The Year 2007” e vincitore del secondo premio in occasione del Premio Fondazione Renzo Piano nel 2011, il padiglione promuove una risposta architettonica differente dal semplice “contenitore” per l’informazione e, prendendo le distanze da una lettura della tecnologia quale espressione estetica fine a se stessa, propone una soluzione creativa e al passo con le esigenze dell’architettura dell’era digitale. Dopotutto il Digital Water Pavilion, seppure così tecnologico e innovativo nella sua continua trasformazione e riprogrammazione, presta attenzione alle persone e ai loro movimenti nello spazio, dando vita ad uno spazio intuitivo e complesso, più che complicato.