Può un disegno essere pulito e continuare a mostrare tutti gli studi che l’hanno preceduto? Alessandro Cominelli, illustratore che si firma Gripa, riesce a farlo molto bene.
Dopo il diploma in Fumetto e Illustrazione, Gripa ha iniziato a lavorare nel settore grafico, dedicandosi poi il più possibile all’illustrazione. Nel 2000 ha vinto la sezione “Satira” del concorso Acquaviva nei Fumetti (ora Acquaviva Comics Academy), iniziando poi a esporre i propri lavori in mostre collettive e manifestazioni di settore. Nel 2008 ha creato Fupic, una striscia a fumetti pubblicata per sei anni su Mac Peer, un forum per utenti Apple. Dal 2010 pubblica su Internazionale una striscia autobiografica a fumetti dedicata al Festival che si tiene a Ferrara. Nel 2016 illustra il libro De Mari Nostro, di cui ci ha parlato in quest’intervista, insieme a molte altre cose.
Quando hai capito che l’illustrazione sarebbe stata il tuo futuro?
Per anni ho alternato il lavoro di grafico pubblicitario a quello di illustratore. Quando è stato necessario scegliere, per consolidare e approfondire un percorso più specifico, mi sono reso conto che disegnare mi ha sempre offerto una maggiore libertà di espressione. L’allontanamento dalla grafica non è stato facile, ma la gratificazione che ricevo è sempre riuscita a compensare i sacrifici fatti. Il pensiero grafico resta comunque importante ed è a questa fortunata condanna che devo obbedire in ogni mio disegno.
Ho notato che usi poco nero, se non per i contorni, che non hanno mai una linea del tutto netta. I tuoi colori sono decisi ma non chiassosi. È una cosa che ti ha sempre contraddistinto o hai sperimentato molto in passato?
È vero! Uso poco il nero e i colori scuri in generale, perché rischierebbero di nascondere o coprire i passaggi più leggeri del disegno. Preferisco quelli chiari perché mi piace evidenziare le imperfezioni del tratto e ridare vita alle poche linee di costruzione sopravvissute alla cancellatura. È una scelta che nasce dal desiderio di restituire il calore dell’atto di costruzione del disegno. È anche un gesto d’affetto verso l’estetica del fumetto underground statunitense.
Per la tua collaborazione con Internazionale, invece, avviene un po’ l’opposto: tratti leggeri di matita con poche note di giallo. Ti è piaciuto illustrare il Festival in questi anni?
Per queste strisce autobiografiche mi ispiro a codici estetici decisamente più vicini al fumetto che all’illustrazione. Date le ridotte dimensioni di stampa della striscia, è importante che il disegno risulti facilmente leggibile. Inoltre la narrazione non deve essere compromessa o disturbata da elementi visivi dominanti o prevaricanti. I testi brevi, il tratto leggero e le tenui note di colore devono coesistere il più possibile in un’armonia estetico-narrativa. Naturalmente, le scelte stilistiche sono dettate anche dal semplice gusto personale.
Quando disegno la striscia dedicata al Festival di Internazionale, utilizzo l’episodio autobiografico come pretesto narrativo di partenza per raccontare un’esperienza di condivisibile quotidianità e facile immedesimazione. Il giallo è il colore usato per il materiale promozionale del Festival e per le pagine della rivista a esso dedicate: la scelta di usarlo anche nella striscia nasce per creare un collegamento cromatico.
Con De Mari Nostro è stata più dura la parte cartografica o quella zoologica? Com’è stato partecipare alla nascita di un libro?
De Mari Nostro è stato un’esperienza editoriale di creatività collettiva. Poter affiancare le mie idee al mondo della fotografia e della gastronomia mi ha offerto una visione più ampia e oggettiva.
Confrontarmi con temi inediti, come quello della cucina mediterranea, mi ha anche spronato a trovare nuove soluzioni stilistiche. Per diversificare la parte illustrata da quella fotografica ho scelto una colorazione quasi monocromatica, sovrapponendo gli acquerelli fatti a mano ai colori digitali. Scegliere una tecnica di colorazione mista ha richiesto una precisa e meticolosa organizzazione delle fasi di lavoro, diventando il momento più interessante ma anche quello più impegnativo.
Come consulente grafico ho seguito personalmente l’impaginazione delle varie sezioni, così da creare un legame più solido e coerente tra i testi e le illustrazioni.
Hai qualche progetto in arrivo?
Oltre al continuo percorso di sviluppo e ricerca del mio stile, attualmente sto lavorando a una mia striscia a fumetti.
Per finire, ci sveli da dove viene il nome “Gripa”?
Nonostante non sia nato da una scelta particolarmente meditata, in qualche modo mi è restato addosso e con il tempo mi ci sono affezionato. Non ha un significato molto interessante, ma sembra più interessante senza significato.
Però non è collegato a nessuna forma di influenza.