Il Serviço Social do Comércio, meglio conosciuto come SESC, è un’associazione privata senza scopo di lucro che, oltre ad offrire innumerevoli servizi ai suoi associati da più di settant’anni, è diventata un vero catalizzatore culturale per l’intero Brasile. Molti la conosceranno per la sede di Pompéia dove, grazie al progetto di Lina Bo Bardi, un triste e grigio relitto dell’industria di San Paolo è stato trasformato in uno dei luoghi più amati e frequentati della megalopoli. Pur essendo probabilmente la più celebre, quest’ultima in realtà non è altro che una delle tante sedi dell’Associazione che nelle scorse settimane ha inaugurato un nuovo spazio. Infatti, tra i muri ricoperti di graffiti e pixaçao dei vecchi palazzi del Centro, ha aperto un’altra roccaforte della cultura paulistana: il SESC 24 de Maio. Lo ha fatto in gran stile, con una festa affollatissima ed una mostra che, grazie al contributo di più di centocinquanta artisti, fa il punto della situazione sui cambiamenti che sta attraversando quest’area della città. Curata da Paulo Herkenhoff e Leno Veras e dal titolo San Paolo non è una città – invenzione del centro, esprime chiaramente la volontà del SESC di presentarsi, anche qui, come punto di riferimento e luogo di dibattito.
Il panorama culturale paulistano sta trovando terreno fertile in questa zona: tra i vecchi palazzi occupati, i nightclub, le coperte accartocciate, i musicisti, le prostitute, i venditori ambulanti ed i crakeiros stanno aprendo numerosi club, centri culturali, gallerie d’arte ed atelier. Qui arrivano, anno dopo anno, artisti ed intellettuali che, stanchi della distruttiva corsa al progresso del Paese ed attirati dallo stato di abbandono, dalla naturalezza e dall’autenticità dei luoghi e degli abitanti nonché dal suo volto cosmopolita, vedono nel Centro un ultimo anelito di libertà.
È in questo clima che ha aperto i battenti l’opera architettonica frutto del talento di Paulo Mendes da Rocha e dello studio paulistano MMBB. Una collaborazione ormai consolidata che si è risolta nel rimaneggiamento dei grandi magazzini Mesbla, chiusi dal 1998, attraverso un intervento dalla precisione chirurgica volto ad evitare imponenti demolizioni ed a creare un luogo di aggregazione coerente con lo stile di vita del Centro.
Gli architetti si sono districati tra i pilastri di un classico edificio per uffici ed hanno creato una serie di “piazze impilate, dove si può trovare, in ogni piazza, un tema caratterizzante: attività fisica, attività culturali, mostre, alimentazione e spazi per la convivenza”. Il SESC 24 de Maio, infatti, ospita un teatro, una scuola di danza, alcuni spazi espositivi, un ambulatorio dentistico, un ristorante, una biblioteca ed una piscina. Quest’ultima è il fiore all’occhiello dell’intervento: posizionata sulla copertura come un vero e proprio belvedere sulla floresta de concreto, essa rappresenta un gesto di grande stile del pluripremiato architetto che, anche questa volta, è riuscito a rendere leggero ed elegante lo sforzo più bruto. La sorreggono quattro esili colonne che liberano così il vuoto centrale all’interno della volumetria, rendendolo il cuore organizzativo dell’intervento.
Una piazza coperta come ingresso, grandi aperture sulla città e lunghe rampe: l’edificio ha una volumetria permeabile, composta da spazi fluidi ed ibridi pronti a piegarsi ed adattarsi alle infinite possibilità che il tempo presenterà e quindi sempre aperti all’imprevedibilità ed alla libertà della vita cittadina. La sua morfologia rende il SESC 24 de Maio parte stessa del tessuto urbano, simile alle gallerie commerciali della zona che, grazie alla loro conformazione, riescono da sempre a fagocitare la vita commerciale e sociale della strada: allo stesso modo anche questo straordinario edificio fa sì che la strada si arrampichi piano dopo piano, che entri all’interno, che si affacci sulle terrazze, offrendo panorami suggestivi ed un nuovo modo di guardare San Paolo.
Paulo Mendes da Rocha, Fernando de Mello Franco, Marta Moreira e Milton Braga hanno intelligentemente dato forma alla proposta politica e sociale del SESC con un progetto in cui l’architettura è lontana dall’esimersi dalla sua responsabilità, diventando, ancora una volta, un atto di volontà politica.
“Un regalo per la città di San Paolo”, un luogo che aggiunge ulteriore ricchezza alla vita ed al patrimonio del Centro, uno spazio dove poter conversare, un nuovo tassello urbano che, sottrattosi alle logiche speculative, si è rivolto al senso di civitas che caratterizza questa parte della città. Questa parte di San Paolo che, demonizzata ed abbandonata da anni, ha conservato il suo fragile ecosistema, la sua malinconia e la sua spigolosità, restando lontana dai muri, dalle auto blindate, dai centri commerciali esclusivi, dalle telecamere e dalle ronde dei servizi di sicurezza, lasciando ai cittadini la libertà di aprirsi all’arte dell’incontro ed all’imprevedibilità della vita.