Murray Gaylard, nato in una piccola cittadina del Sud Africa durante l’Apartheid, ha trasformato il suo conflitto interiore, dettato dalla crescita e dall’accettazione di sé, nelle opere che oggi crea, con una vena ironica e critica. Dopo aver studiato sociologia e psicologia si è trasferito in Germania, dove ha frequentato lo Städelschule, luogo che poi ha sancito la sua carriera da artista.

Il leitmotiv della ricerca dell’artista è la presenza della fama, questo è chiaro nell’esibizione collettiva “Conceptual Work on Paper” del Museo di Arte Moderna a Francoforte. In mostra vi erano numeri di Flash Art, dai quali Murray ha ritagliato spezzoni, appropriandosi delle interviste a celebri artisti, come se fosse stato lui a rispondere: un sabotaggio completo in cui collage di opere sue si interfacciavano con quelle degli artisti più famosi. Il titolo di quest’opera era “Look Mom, I’m famous”.
“Nel momento in cui sono entrato nel mercato dell’arte” – ci dice – “tutte le mie idee romantiche su come sarebbe stato sono volate fuori dalla finestra. Mi sono reso conto che essere un artista significa anche essere un uomo d’affari accorto e un networker, una cosa che mi mette in difficoltà anche oggi. Ma per me, ciò che era così importante in questa mostra non era tanto commentare la lotta per il successo, ma piuttosto che mi sono reso conto del potere di appropriazione e del potere del linguaggio per costruire una nuova realtà, o almeno una nuova interpretazione di ciò che è. Questo e privare di potere la realtà attuale sono ciò che uso per tessere quasi tutto il mio lavoro.”
Un’altra significativa mostra che ha rappresentato Murray è stata chiamata “Glory Hole“ e si è tenuta presso il centro LLS per l’arte contemporanea di Anversa. Per questo spettacolo l’artista ha creato un video sul genere degli articoli e dei sostantivi in lingua russa. “Continuo a preparare il tè durante un ‘campionato di genere’ immaginario. Ogni volta che c’è dell’acqua nella tazza, è voda, che è maschile in russo. Nel momento in cui diventa tè, è chai, che è femminile. Sullo sfondo è in corso un commento di tipo sportivo sul cambiamento del genere di ciò che è nella tazza.” Il video è stato mostrato in un cubicolo, del tipo che si trova in una sauna gay o in un labirinto di buche glaciali in una stanza buia, ed è stato installato tra una scultura di Rodin e una fotografia di Wolfgang Tillmans. Accanto a Tillmans c’era Warhol. “Nonostante le lamentele interne della comunità LBGTQ +, è importante sottolineare davvero ciò che dice di essere: una comunità. È come una famiglia, un supporto che è sempre lì per te. Ne sono diventato molto consapevole durante quella mostra.”

“Svegliarsi oggi, in quest’epoca, e prendere la decisione di uscire dal letto è già da considerarsi un atto politico e chiunque affronti le sfide della vita contemporanea dovrebbe essere fiero di sé stesso.” Il lavoro di Murray esprime il bello dietro il brutto, l’humour dietro la tragedia e si concentra spesso sul linguaggio: “È straordinario che il semplice arrangiamento di 26 caratteri possa produrre una comunicazione tale da riuscire persino a cambiare l’idea delle persone, o far provare loro qualcosa che non hanno ancora provato. Mi chiedo a volte se ci siano nuove lettere che potremmo aggiungere all’alfabeto e come questo influirebbe sul nostro modo di comunicare”. Anche grazie a queste riflessioni i titoli delle opere di Murray costringono quasi a una rilettura e a un reinserimento dell’opera in un tessuto più ampio. “Per quanto ami il linguaggio, c’è da non fidarsi. Le frasi nascondono schemi segreti e le parole non stanno mai da sole, ma sono accompagnate da piccole nuances, come il contesto sociopolitico o la modalità di espressione dell’interlocutore. La responsabilità quindi che l’artista ha di dare – o di non dare – parole alle sue opere rende le opere stesse più accessibili. Alcune di esse chiedono di essere capite. Quello che dici, ovviamente, non è mai ricevuto come tu voglia che sia inteso, ma tentar non nuoce.”

Attualmente Murray è contemplato in una mostra collettiva, “Nam June Paik and the contemporary multimedia art from the Kelterborn Collection”, al Museum fur Kommunikation a Francoforte in cui presenterà una nuova opera chiamata “Single gay male” alla Deichtorenhallen ad Amburgo. È un’opera fatta da marshmallows rosa immersi nella resina, con dei piedi d’argilla che fuoriescono dalla base. “Mi interessava l’idea che questo Single gay male fosse da solo in una stanza, chiedendo di essere comprato, di essere posseduto. È allo stesso tempo fragile e forte. Come un uomo gay in un mondo eteroaffettivo.”
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