Planare dall’alto sulla facciata di un edificio per atterrare su una piccola scultura pop. Il viaggio di Gummy Gue (Marco Mangione) racchiude un universo poliedrico che gioca sulle tre dimensioni e predilige per la sua espressività lo spazio pubblico. Nato nel mondo dei graffiti e dell’illustrazione di personaggi iconici, il suo percorso si è sviluppato riducendo all’essenziale forme ed immagini librando nella dimensione di “punto, linea e superficie”. La vibrazione delle sue rappresentazioni astratte riflette una luce dalle cromie fresche e limpide che donano il buon umore a chi ne fa esperienza. Noto per i suoi grandi progetti di arte urbana, l’artista siciliano rigenera piccoli e grandi spazi dedicati alla collettività sulle coordinate x e y della realtà rilassando il fruitore in un atmosfera ludico-pop. Una frizzante alchimia giocosa riveste le superfici conducendo il pubblico in una simulazione virtuale vissuta nello spazio reale. Dal 2010 in collaborazione con Andrea Mangione, i lavori di Gummy Gue si espandono in contesti e territori sempre diversi che portano il suo immaginario a proseguire il volo verso nuovi orizzonti e nuove frontiere creative.
Gummy Gue è uno degli artisti proposti da Artwort Gallery.
Artista, writer, direttore artistico di Ritmo. Hai tante sfaccettature. Come ti definiresti?
Gummy Gue
I momenti salienti della tua formazione.
Nel 2006, nel mezzo di un’intensa attività di graffiti writing, nasce Pupa Guè, un personaggio femminile dalle sembianze infantili. Lo sviluppo di questo carattere iconico mi ha permesso di mettere a fuoco il linguaggio visivo che caratterizza il mio percorso.
Dai fumetti alla liberazione in forme e linee puramente astratte. Qual è stato il momento di transizione?
Ritagliavo cartoncini da assembrare per creare le figure a me care, la visione di quelle porzioni colorate ha suggerito nuovi universi.
Libro preferito
L’Odissea
Consideri l’arte pubblica strumento della rigenerazione urbana o la rigenerazione urbana a servizio dell’arte?
Non tutte le espressioni di arte pubblica conducono ad una concreta rigenerazione dello spazio urbano. Quando ciò avviene, allora si può dire che l’obbiettivo di comunione tra espressione artistica e tessuto urbano viene raggiunto. Non credo alle operazioni definite rigenerative quando l’intervento artistico viene sfruttato come unica soluzione, “decorando” un contesto degradato, senza risolvere i reali problemi che condurrebbero ad una vera riqualifica.
Se dovessi indicarmi un modello di ispirazione, quale sarebbe?
Ammiro molto il linguaggio e la ricerca di Sol LeWitt, la misteriosa ironia del codice visivo di Alessandro Mendini, l’affascinante virtualità delle forme e dei colori di Momo e la forza primigenia e sublime del lavoro di 108.
I tuoi lavori in grande formato hanno un forte impatto nell’ambiente circostante trasformando la percezione dello spazio. Quanto è importante per te la reazione del pubblico alle tue opere?
Percepire la città che gira attorno, sentire la reazione dell’osservatore, interessato o indifferente, è il fattore che contraddistingue maggiormente un intervento nello spazio pubblico, diventando così il significato più importante dell’operazione stessa.
Progetto preferito
Skatepark
Nella tua ricerca parli di codici formali che seguono una determinata logica, un linguaggio segnico che ha le sue regole e propri canali di riferimento: quanta razionalità c’è nel tuo processo creativo?
All’inizio il caos, anche se si parte sempre da ricerche raggiunte da lavori precedenti.
Ci si muove in mari conosciuti, ma la rotta è sempre ignota. Il contesto dove operare può suggerire chiavi di accesso. La razionalità può strutturare anche le fasi iniziali, ma l’innesto, la nota giusta, arriva dopo una profonda immersione. La metodologia del processo creativo è presente ma bisogna riscoprila nuovamente, per attivare nuovi entusiasmi.
Colore preferito
Non ho un colore preferito, in quanto ogni colore si relaziona con i colori confinanti, si apre e si chiude in relazione all’insieme, ma se dovessi sceglierne uno, allora Giallo Segnale Ral 1003.
Quando nasce l’idea di un nuovo progetto, vince di più il contesto in cui insisterà l’opera o l’intuizione creativa?
Il contesto svolge un ruolo importante, anche se il lavoro porta avanti un linguaggio autoriale la relazione con il luogo che lo accoglie diventa determinante e genera sempre nuovi interessi. L’intuizione creativa rimane una libera interpretazione nel rispetto di queste dinamiche.
Lavoro più lontano nel mondo
Helsinki
Lavori su vari supporti, dalle varie dimensioni, dal notebook alla facciata di un edificio urbano. Qual è la superficie sulla quale ti diverte più lavorare?
Mi piace lavorare su qualsiasi supporto e su differenti tipologie di progetti. Intervenire su superfici urbane rimane l’aspetto centrale del mio lavoro, ma proprio per questo certe volte mi diverto di più dedicandomi a progetti differenti.
La “tela bianca” dei tuoi sogni
Mi piacerebbe progettare un intervento per il fondo di una piscina
Le prossime frontiere che sperimenterai
Vorrei lavorare con la luce, solare e artificiale.