Tessuti contemporanei avvolgono, cammuffandoli, i corpi classici della ritrattistica americana. Sono dipinti di un’incredibile realtà immaginaria e abilità tecnica quelli che Shawn Huckins ci propone in Dirty Laundry avviluppando in tranquillizzanti stoffe a quadretti – che riamandano la nostra mente alle classiche camicie dei cowboy alla John Wayne – figure abbozzate in dettagli significativi che ognuno di noi può immaginare e plasmare in un ritratto definitivo.

Ribaltando la sicurezza di quei tessuti che coprono il corpo riparandolo dal freddo e dal caldo, quei tessuti famigliari tramanadati di generazione in generazione, Shawn Huckins ci coglie di sorpresa, inquietando certezze perpetuate per rassicurare.
“Usiamo la stoffa per nascondere, ma anche per esprimere, in modo selettivo, in base a come ci vediamo e come vogliamo che gli altri ci vedano. Naturalmente, non esprimiamo tutte le sfaccettature della nostra identità, alcune cose che copriamo per abitudine, natura o paura del ridicolo. Abbiamo tutti i panni sporchi, letteralmente e metaforicamente. Dirty Laundry ci dà l’opportunità di mettere in discussione la sicurezza dei nostri stessi occultamenti.”

Quelle stoffe, abbandonando un’aura rincuorante e divenendo enigmatici copri-corpi come antichi sudari, ottenebrano fantasmi e rivelano particolari di tempi passati che si infiltrano subdolamente in un presente che già inquieta. Ma l’ironia salvifica di Shawn Huckins le fa sue riscattando le inquietudini in una nuova personale parvenza di serenità.

Shawn Huckins – americano che risiede nella bucolica regione di Monadnock, nel sud-ovest del New Hampshire – ha studiato al Keene State College nel New Hampshire, all’Università di Wollongong in Australia laureandosi in Studio Arts nel 2006. È rappresentato da numerose gallerie in tutto il mondo, tra cui la Duran Mashaal Gallery di Montreal, Modernism di San Francisco e K Contemporary di Denver. Il suo lavoro è stato esposto in collezioni private e pubbliche tra cui The Museum of Fine Arts di Boston, MA, The Tucson Museum of Art, The TIA Collection e The Vicki Myhren Gallery presso l’Università di Denver.
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