Simona Da Pozzo (Caracas, 1977) restituisce una delle sue prime opere legate alla città di Napoli, città di sua recente adozione, in un video intitolato Notes about a polyamorous affair with the Bodies of Naples.
L’opera è stata presentata alla research week dell’Accademia Sint Lucas di Anversa, selezionata dal gruppo di ricerca Extracity, e per l’installazione è presentato un papiro che riporta le esegesi di tutti gli elementi che compongono il video.
Il titolo si pone come asse centrale e innovativo della ricerca dell’artista: in opere previe, Da Pozzo ha composto un atlante che riguardasse l’hackeraggio dei monumenti; lì alcune azioni nascevano da rapporto conflittuale con questi monumenti, dal desiderio di rimuoverli o di contestarli. Adesso, il desiderio di lavorare con la statua del Nilo si è trasformato in un abbraccio, non invasivo ma inclusivo e sensuale. Un abbraccio che contiene l’esplorazione della pelle stessa dei monumenti, dei suoi interstizi; uno sguardo erotico in senso lato ma che si scompone in attrazione poliamorosa che coinvolge dunque più persone e sancisce il legame amoroso individuato tra i passanti e chi ne ha a che fare.
La prima versione del video funge da punta dell’iceberg di una ricerca che raccoglie molteplici azioni performative e di altrettanto percorsi esplorativi e cui focus è il cosiddetto Corpo di Napoli, statua che impersonifica il fiume Nilo, memore dei grandi scambi tra la città e l’Egitto nell’antichità.
Sebbene la prima versione sia stata montata lo scorso ottobre, il video è concepito come work in progress, e man mano che la ricerca si sviluppa e si ramifica, l’artista prevede di editarlo più volte, seguendo il flusso degli stimoli evocativi delle pluralità che si muovono intorno alla statua.
Una pluralità che diventa autrice e attrice delle varie formalizzazioni del Nilus, studiato in diversi paesi e composto da azioni che vengono evocate e reinterpretate. Il monumento – ci racconta Simona – diventa polimento, aperto alle possibilità esterne e non chiuso e circoscritto in una esclusività: la possibilità di vari livelli di lettura e interpretazione nel tempo apre verso il futuro; è un corpo che rappresenta più corpi, diventa prisma che rifrange diversi aspetti simultanei del presente.
La questione del fluido è essenziale per entrare nell’opera: non sostituisce un nuovo discorso che sta al posto del monumento, ma bensì concepisce il monumento come un fiume di voci e narrazioni che scorrono, come roccia che ritorna allo stato fluido e acqueo. Di fatto, anche il video è presentato alla stessa maniera, come un flusso di coscienze aperte trasversalmente a più spunti.
I disegni e le note vocali che compaiono verso la fine del video, non sono tracce di azioni o della ricerca già svolta ma sono previsioni e premonizioni di ciò che accadrà nei prossimi mesi. La metodologia di ricerca è confermata da alcuni disegni anticipatori dei prossimi interventi performativi e/o installativi. Sebbene preparatori, questi disegni hanno una loro vita indipendente e sono interconnessioni mediali delle pluralità di azioni previste che coinvolgono gli attori poliamorosi dell’opera.